Gli Scritti del M° Maurizio Orfei.
"I NEKO ASHI"
Credo che il Wadoryu sia lo stile di Karate che
conti il maggior numero di codificazioni del Neko Ashi di qualsiasi
altro stile.
Ne abbiamo quattro.
Le diverse correnti cambiano i nomi o li riducono a due, ma la codificazione, ritengo, serva a comprende meglio lo sviluppo dei questo concetto motorio.
La postura con un piede in appoggio solo sulla punta non è certo molto
stabile e va considerata di passaggio verso un'altra più solida. La
forma in se è importante per lo studio e lo stile.
Anche le tecniche costruite su questa postura non possono essere risolutive ne potenti.
Un Giakuzuki in Neko Ashi non ha sostegno e la reazione all’impatto
potrebbe addirittura far perdere l’equilibrio a chi lo tira…provate
davanti ad un sacco.
La denominazione delle varie forme del
Neko Ashi derivano dal rapporto con la posizione dell’avversario in
parte, e dalla apertura delle anche rispetto alla posizione iniziale.
Questo ha indotto molti errori di valutazione della tecnica e di comprensione della dinamica.
Shomen, significa frontale, è riferito alla posizione nei confronti
dell’avversario. Nel grafico è mostrata la costruzione partendo dallo
Shizentai Hidari o Migi, e si ottiene arretrando il baricentro sulla
proiezione a terra che passa per l’articolazione coxofemorale e non
sulla gamba come viene usualmente illustrato. (immagine Shomen Neko
Ashi)
Una precisazione che ci consente di definire i Neko Ashi del
Wado Ryu rispetto a posture simili, come il Neko ashi di altri stili e in
particolare con il Kokutsu Dachi.
La ripartizione dei pesi, 70-30,
60-40 fra le gambe rimane valida, ma il baricentro non può trovarsi
sulla proiezione del piede semplicemente per come siamo fatti e per la
filosofia di combattimento del Wado Ryu.
Hanmi Neko Ashi (idem
immagine) è generato dalla posizione di Kamae portano il peso indietro
sulla l’articolazione dell’anca. Per consentire l’apertura di circa 45°,
il piede posteriore cambia posizione e si pone con un angolazione di
circa 90° rispetto alla linea frontale. E’ la più solida delle posizioni
del “gatto”, tanto che nei Kata sono inserite tecniche di braccio come
Uraken e Soto Uke.
Ma Hanmi Neko Ashi ( idem immagine) proviene didatticamente dalla postura di Junzuki Dachi.
Le anche si aprono quasi a 180° rispetto alla linea frontale e il piede
posteriore si posizione con un’angolazione di 110° circa.
La
finalità di questa postura e quella del Nagashi, far passare l’attacco e
le tecniche indicate nei Kata, sono Shuto Uke e Kakete.
Vediamo ora l’utilizzo dinamico dei Neko Ashi.
Il motore è la rotazione delle anche utilizzata per schivare ed assorbire.
Nello Shomen e il suo omologo Gyaku, la rotazione è praticamente sul
posto l’indicazione dei “90°” rispetto alla linea frontale, ci indica la
rotazione da esegeuire , cioè 90° per trovarci, secondo la scelta
tattica, rispetto alla linea dell’attacco avversario, Pinan Sandan, o
posteriormente, come nel 5° e 6° Sanbon Geri o meglio nel 2° Khion
Kumite.
Per lo Gyaku Neko Ashi va precisato che l’anca assume una
rotazione “al contrario” e questa caratteristica, ad esempio nello
Yondan, lo assimila allo Gyaku Zuki Tobikonde, volendo considerare
questa postura nella sua natura di sostegno per un attacco dalla
cortissima distanza.
Nel Hanmi Nekoashi, seguendo la stessa
indicazione, l’angolo delle anche rispetto alla direzione è di 45° e
indica il principio dell’assorbimento utilizzato nel Jujutsu.
La
particolarità wado è che oltre all’assorbimento c’è il Nagashi, la
schivata, e il Noru, cioè sfruttare l’angolazione della postura
provvisoria per lanciare un Uraken portandosi fuori dalla linea di
attacco.
Ma Han Mi Neko Ashi, grande apertura dell’anca, fa passare oltre l’attacco ipotizzandolo molto lungo.
Il principio applicato è quello del Nagashi e le tecniche indicate dai
kata sono Shuto Uke, Haitto Uke per intercettare e deviare e Kakete per
afferrare, come nello Yondan e come caratteristica comune alle posture
precedenti, di arrivare a bersaglio utilizzando l’allungo stesso
dell’avversario.
mercoledì 25 settembre 2013
martedì 24 settembre 2013
I Nagashi
Gli Scritti del M° Maurizio Orfei.
I Nagashi
Sarebbe più corretto dire il Nagashi inteso come concetto del combattimento.
La traduzione ordinaria è “schivare”, cioè lasciar passare la tecnica avversaria.
Nella codifica del Wadoryu abbiamo il Tobikomi Nagashi con delle caratteristiche ben definite.
Si parte da Shizentai, destro o sinistro, si scivola in avanti lungo la
linea del piede anteriore, contemporaneamente si lanciano i due pugni,
il Mae va a bersaglio mentre l’altro si posizione all’altezza del mento
in protezione e contemporaneamente si allineano le anche al vettore di
avanzamento per evitare il colpo.Si richiamano le braccia in Kamae e
si ritrova l’allineamento richiamando le anche e ritrovando un
equilibrio più stabile e riportando indietro, in Shizentai, il piede
anteriore.
Il concetto di Nagashi si esprime dalla posizione di
Kamae (immagine 1) portando uno Junzuki Chudan e schivando di misura il
pugno avversario. Il piede anteriore scivola in avanti diretto, senza
fare spostamenti laterali, Naname Ashi, e la forma codificata è quella
di Junzuki Dachi classico.
Nel Tobikomi Nagashi abbiamo una
distanza diversa dal bersaglio che nella didattica è a livello Jodan.
Per arrivare, bisogna utilizzare la forma di Notsukomi Junzuki oltre il guadagno in Okuri Ashi, il passo scivolato in avanti sempre sulla linea di avanzamento e non lateralmente.
Per arrivare, bisogna utilizzare la forma di Notsukomi Junzuki oltre il guadagno in Okuri Ashi, il passo scivolato in avanti sempre sulla linea di avanzamento e non lateralmente.
Per schivare bisogna ruotare le
anche: se l’attacco e di pugno, probabilmente la rotazione sul posto è
sufficiente (immagine 2). Nel caso del Nagashi da un calcio, oltre la
rotazione diventa più importante e trascina con se la gamba e il piede
posteriore.
Nel Nagashi Gyakuzuki (immagine 4) la schivata è
operata con tutto il corpo. Il braccio Jun assume la forma di una parata
e funge quasi da perno per la rotazione del corpo; la postura è quella
di Gyakuzuki Dachi per sostenere lo Gyakuzuki ch e trova la sua energia
nella traslazione in avanti e nella contro rotazione delle anche, se pur
di poca entità.Tutte le forme di Nagashi prevedono la reazione in SEN no SEN, cioè la risposta contemporanea dell’attacco.Questo principio è modulato dal concetto di MA-AI, cioè nel trovare la
distanza giusta per noi per portare a bersaglio la nostra tecnica.Per il Wado si parla anche di NORU, legare la tecnica di risposta a
quella di attacco e la valutazione dell’applicazione di questo principio
va fatta sul movimento complessivo del nostro corpo. E’ la schivata
stessa che si adatta, lega, la risposta all’attacco.Il principio di IRIMI, entrare, si attua “andando dritti”, almeno nella fase di studio.
Giakuzuki e relative posture.
Gli Scritti del M° Maurizio Orfei.
Si parte dalla postura di Junzuki Dachi o Zenkutsu, (immagine Zenkutsu Dachi) dando per scontato la conoscenza della costruzione.
Il pugno costruito su questa posizione con il baricentro avanzato è quello di maggiore gittata senza sacrificare l’equilibrio come nel caso del Notsukomi.
La costruzione statica.
Si parte dalla postura di Junzuki Dachi o Zenkutsu, (immagine Zenkutsu Dachi) dando per scontato la conoscenza della costruzione.
Il pugno costruito su questa posizione con il baricentro avanzato è quello di maggiore gittata senza sacrificare l’equilibrio come nel caso del Notsukomi.
La costruzione statica.
Il Gyakuzuki ha una gittata minore rispetto allo Junzuki se non si utilizzano dinamicamente le anche,
La rotazione vigorosa che sottende il lancio di questo pugno, costringe ad una modifica della distanza fra i piedi che si riduce di circa un piede e di altrettanto si allarga (immagine Giakuzuki Dachi)
La costruzione dinamica.
Alla domanda ricorrente: “Quale piede di muove nello Gyakuzuki?” e l’altra successiva: “Come fa la Wadokai? Come fa la Renmei?”…rispondo che le domande sono sbagliate, entrambe e che, comunque il piede non deve essere mosso per fare Gyakuzuki, ma è costretto a muoversi.
Ora consideriamo le situazioni dinamiche, cioè dove e quando il rapporto distale con l’avversario non corrisponde a quello previsto per l’analisi della costruzione statica, avendo come elemento di base la contro rotazione delle anche, condizione necessaria per l’esecuzione corretta dello Gyaku Zuki.
Prima situazione:
il mio Junzuki è arrivato a bersaglio e l’avversario ha accusato il colpo rimanendo fermo; devo doppiare con Gyakuzuki trovando lo spazio per entrare con la tecnica; contro rotazione dell’anca che conferisce potenza e il mio piede anteriore si sposta lateralmente e indietro giusto di un piede per consentire la massima dinamica alla tecnica nella sua posizione ideale, cioè Gyakuzuki Dachi (immagine Gyakuzuki Dachi)
Seconda situazione:
lancio il mio Junzuki che è assorbito dal mio avversario con un piccolo scivolamento indietro; l’inerzia del mio movimento mi consente di lanciare lo Giakuzuki ruotando le anche ma per compensare la maggiore distanza, devo ruotare un po’ di più e il piede posteriore, l’unico che può muoversi, supporta questa azione avvicinandosi all’altro. (immagine Tobikonde Gyakuzuki Dachi)
Terza situazione:
il mio avversario cerca di trovare il suo MAAI, cioè la distanza per lui opportuna per costruire un attacco; mi muovo cercando di impedirlo e nello stesso tempo di trovare la mia distanza operativa; un piccolo spostamento laterale con il piede anteriore, Soto Ashi, mi permette di avere l’anca caricata per una tecnica Giaku, sia essa uno Tsuki o una tecnica di Geri.( immagine Soto Ashi)
Quarta situazione:
il mio avversario tira un Kizami e schivo spostandomi lateralmente e lancio il mio Giakuzuki di incontro; la schivata mi costringe ad abbassare il baricentro ma devo convogliare l’energia del colpo verso il centro e trovare nella postura, praticamente laterale, la stabilità necessaria per sostenere l’impatto del colpo.
Per questo il piede anteriore che si è spostato lateralmente continua a “guardare” l’avversario…(immagine Tobikomi Giakizuki).
Dovreste pormi una domanda: “Ma tutta questa suddivisione di tecniche serve realmente?”
Se prestate servizio presso i Lagunari o le Teste di Cuoio, non vi serve a niente…
Se invece praticate le Arti Marziale nell’accezione del DO, l’autorealizzazione attraverso il perfezionamento delle azioni, credo che queste disquisizioni possano essere utili, se non necessarie.
Non sono le singole posture viste come elementi statici che determinano gli elementi di uno stile, ma loro funzione in quanto esse stesse sono generate da questa.
Non porto un pugno “bello”, porto un pugno efficace e fra gli elementi che ottimizzano l’efficacia di una tecnica, ci sono le posture come elementi strutturali anatomici fondamentali.
La rotazione vigorosa che sottende il lancio di questo pugno, costringe ad una modifica della distanza fra i piedi che si riduce di circa un piede e di altrettanto si allarga (immagine Giakuzuki Dachi)
La costruzione dinamica.
Alla domanda ricorrente: “Quale piede di muove nello Gyakuzuki?” e l’altra successiva: “Come fa la Wadokai? Come fa la Renmei?”…rispondo che le domande sono sbagliate, entrambe e che, comunque il piede non deve essere mosso per fare Gyakuzuki, ma è costretto a muoversi.
Ora consideriamo le situazioni dinamiche, cioè dove e quando il rapporto distale con l’avversario non corrisponde a quello previsto per l’analisi della costruzione statica, avendo come elemento di base la contro rotazione delle anche, condizione necessaria per l’esecuzione corretta dello Gyaku Zuki.
Prima situazione:
il mio Junzuki è arrivato a bersaglio e l’avversario ha accusato il colpo rimanendo fermo; devo doppiare con Gyakuzuki trovando lo spazio per entrare con la tecnica; contro rotazione dell’anca che conferisce potenza e il mio piede anteriore si sposta lateralmente e indietro giusto di un piede per consentire la massima dinamica alla tecnica nella sua posizione ideale, cioè Gyakuzuki Dachi (immagine Gyakuzuki Dachi)
Seconda situazione:
lancio il mio Junzuki che è assorbito dal mio avversario con un piccolo scivolamento indietro; l’inerzia del mio movimento mi consente di lanciare lo Giakuzuki ruotando le anche ma per compensare la maggiore distanza, devo ruotare un po’ di più e il piede posteriore, l’unico che può muoversi, supporta questa azione avvicinandosi all’altro. (immagine Tobikonde Gyakuzuki Dachi)
Terza situazione:
il mio avversario cerca di trovare il suo MAAI, cioè la distanza per lui opportuna per costruire un attacco; mi muovo cercando di impedirlo e nello stesso tempo di trovare la mia distanza operativa; un piccolo spostamento laterale con il piede anteriore, Soto Ashi, mi permette di avere l’anca caricata per una tecnica Giaku, sia essa uno Tsuki o una tecnica di Geri.( immagine Soto Ashi)
Quarta situazione:
il mio avversario tira un Kizami e schivo spostandomi lateralmente e lancio il mio Giakuzuki di incontro; la schivata mi costringe ad abbassare il baricentro ma devo convogliare l’energia del colpo verso il centro e trovare nella postura, praticamente laterale, la stabilità necessaria per sostenere l’impatto del colpo.
Per questo il piede anteriore che si è spostato lateralmente continua a “guardare” l’avversario…(immagine Tobikomi Giakizuki).
Dovreste pormi una domanda: “Ma tutta questa suddivisione di tecniche serve realmente?”
Se prestate servizio presso i Lagunari o le Teste di Cuoio, non vi serve a niente…
Se invece praticate le Arti Marziale nell’accezione del DO, l’autorealizzazione attraverso il perfezionamento delle azioni, credo che queste disquisizioni possano essere utili, se non necessarie.
Non sono le singole posture viste come elementi statici che determinano gli elementi di uno stile, ma loro funzione in quanto esse stesse sono generate da questa.
Non porto un pugno “bello”, porto un pugno efficace e fra gli elementi che ottimizzano l’efficacia di una tecnica, ci sono le posture come elementi strutturali anatomici fondamentali.
Le Posture e le loro correlazioni
Gli Scritti del M° Maurizio Orfei
Le posture di Karate sono correlate fra di loro.
Nel combattimento esiste la mobilità e la variabilità continua del baricentro e dell'angolazione delle anche.
Lo schema propone le posture classiche e la trasformazioni in altre in base allo spostamento del baricentro in avanti o in arretramento.
L'altra variabile è l'angolo che si forma con il vettore anteriore relativamente all'arto utilizzato.
Abbiamo quindi la serie dei Junzuki in Shizentai, Kamae, Zenkutsu Dachi, e Notsukomi, posture con baricentro avanzato.
Da queste posture nascono le corrispettive con il baricentro arretrato; Shomen neko ashi, Hanmi Neko Ashi, Ma Hanmi Neko Ashi.
Il Giaku Neko Ashi, chiamato anche Sankaku Dachi proviene dallo spostamento in avanti del baricento partendo dallo Shizentai e il piede posteriore assume la caratteristica forma con il tallone sollevato.
Dalle posture con il baricento in avanti e con l'anca ruotata verso la gamba anteriore, nascono per la controrotazione delle anche, le tecniche Gyaku;
La rotazione delle anche e gli altri fattori del combattimento, cioè la distanza e la schivata inducono ad adattare la posizione dei piedi a queste necessità.
Avremo quindi lo Gyakuzuki dallo Junzuki con il bersaglio alla stessa distanza in cui per arrivare, si dovranno ruotare le anche che come conseguenza costringeranno il piede anteriore ad un piccolo richiamo all'indietro, altrimenti il pugno Gyaku non potrebbe arrivare alla massima estensione possibile.
Il Gyaku Zuki Notsukomi è una tecnica odiata ma conosciuta che contiene la schivata.
Fra queste due distanze ne esiste una intermedia che ho chiamato Soto Ashi Gyaku Zuki...Soto Ashi è un passo laterale non grande quanto per costruire il Notsukomi ed è più dinamico. La rotazione è contemporanea allo spostamento del piede anteriore.
Tobikonde Gyakuzuki, tanto amata dagli agonisti per l'effetto "trapano" accompagnato da inverecondi Kiai prolungati degni del compianto Pavarotti, è una tecnica che nasce dalla controrotazione delle anche ma che deve anche guadagnare allungo e quindi questo movimento è assecondato dall'avanzamento del piede posteriore che ricorda, ma non è, lo Gyaku Nekoashi, in quanto i piedi dovrebbero essere entrambi poggiati a terra.
La versione sportiva del Tobikonde la consideriamo una licenza poetica....
Le tecniche modulano l'una nelle altre, quasi senza soluzione di continuità e questi ci porta a ragionare sui Renraku Waza.
Delle tecniche e posture in Tobikomi a breve
Maurizio Orfei
martedì 17 settembre 2013
Raro Video di Otsuka Meijin in Italia
Questo video sta facendo il giro delle Bacheche di Facebook di molti Maestri e Istruttori Wado Ryu Italiani.
Una vera chicca per i praticanti di questo stile, si intravede il Sensei Otsuka in uno dei suori rari (forse l'unico) Seminario italiano negli anni'60. Si riconosce il M° Yutaka Toyama (Delegato del Sensei Otsuka in Italia.. oggi credo ritornato in Giappone).
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Una vera chicca per i praticanti di questo stile, si intravede il Sensei Otsuka in uno dei suori rari (forse l'unico) Seminario italiano negli anni'60. Si riconosce il M° Yutaka Toyama (Delegato del Sensei Otsuka in Italia.. oggi credo ritornato in Giappone).
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